In giro per l'Italia

Fabrizio Paese - Responsabile area portieri e all. portieri under 17 Verona

FABRIZIO PAESE ALLENATORE PORTIERI UNDER 17 E RESPONSABILE AREA PORTIERI SETTORE GIOVANILE HELLAS VERONA

CI RACCONTA LA SUA CARRIERA DA PORTIERE ..... QUANDO FU IL PRIMO IN ITALIA A PARARE UN RIGORE A MICHEL PLATINI E DA ALLENATORE DOPO AVER ALLENATO BUFFON, TOLDO, FERRON, PEGOLO, CURCI, ZANCOPE’ E TANTISSIMI ALTRI GRANDI PORTIERI.
                                                       

Fabrizio Paese è nato a Verona il 22 luglio del 1954. Da portiere ha indossato le maglie di Benacense, Fc Bolzano, Hellas Verona, Trento e Taranto. Da preparatore dei portieri ha fatto parte dello staff di Alberto Malesani nel Chievo, nella Fiorentina, nel Parma, Hellas Verona, Modena, Siena e Bologna. Esperienze per lui anche a Carpenedolo e Como. Dal 28 agosto del 2017 è tornato all’Hellas Verona per continuare a formare giovani portieri.

 Fabrizio “Bicio” Paese, mister perché questo soprannome?
È un “accorciativo” del nome Fabrizio. La cosa che più mi fa piacere, che da Nord a Sud, qualsiasi persona che mi conosce, a distanza di anni mi chiama ancora così. Bastavano quindici-venti giorni di spogliatoio e da Fabrizio si passava immancabilmente a Bicio; è una cosa che mi ha sempre fatto felice perché stava a significare che oltre a dei rapporti di collaborazione e lavorativi, si erano instaurate delle vere e proprie amicizie. Sono rimasti dei legami duraturi nel tempo, gli anni me lo hanno dimostrato.


Da portiere, ai tempi che difendevi la porta del Taranto, parasti il primo rigore calciato in Italia da Michel Platini, in un Taranto-Juventus di Coppa Italia. Che ricordi hai di quella sera?
È un periodo della mia vita che non dimenticherò mai. Mi ero appena trasferito al Taranto dal Trento ed ero ancora titubante sulla scelta fatta perché a Trento avevo tutta la mia famiglia. Era una domenica sera, Stadio Comunale di Torino, girone di Coppa Italia ed ero pronto ad affrontare la grande Juventus, la squadra per cui avevo sempre tifato. Ero così emozionato che mai e poi mai avrei pensato di riuscire a rendere indimenticabili quei momenti. Parai il primo rigore in Italia ad uno dei talenti più forti che il calcio abbia espresso in Europa e nel mondo, Michel Platini.
                                                                                                                                                      

Mister, raccontaci le differenze che hai trovato, nel passare da allenare portieri di prima squadra, a portieri del settore giovanile:
Anche se la mia carriera da preparatore dei portieri racconta il contrario, sarebbe più consigliabile fare un percorso che passa dall’allenare nel settore giovanile per poi arrivare alle prime squadre. Ci tengo però a sottolineare che non vedo grandissime differenze. Può cambiare l’intensità del lavoro, può cambiare il famoso situazionale (di cui ora si sente tanto parlare) con il resto della squadra, ma do molta importanza ai “concetti” in entrambi i casi. A mio giudizio, ritengo fondamentale il lavoro analitico, per crescere e migliorare sempre. È normale che ad un portiere del settore giovanile, la spiegazione dei concetti di cui vi ho parlato, debba essere di semplice comprensione. Questo permetterà al portiere, di esprimersi in maniera corretta nell’esecuzione dei gesti.

Fabrizio descrivici il tuo gruppo portieri:
Il mio gruppo portieri è composto da tre ragazzi di ottima prospettiva: Giacomo Toniolo 2004, Simone Bissa 2004 e il giovanissimo Filippo Ogliani del 2005. Nonostante qualche sfortunato acciacco fisico, dovuto da motivi extra calcio, si stanno allenando con grande voglia e determinazione ed hanno avuto la giusta ricompensa di essere aggregati diverse volte con la Primavera.
Oltre ad essere il preparatore dei portieri dell’Under 17, sei anche il coordinatore di tutti i preparatori dei portieri del Settore Giovanile dell’Hellas Verona. Raccontaci il tuo lavoro e come siete strutturati e organizzati in merito allo scout sul ruolo:
Avevo molta curiosità quando ho iniziato ad operare da coordinatore oltre che da preparatore dei portieri dell’Hellas Verona. Non ho avuto comunque difficoltà in merito, ho la fortuna di far parte di una Società organizzata che non lascia nulla al caso. Nonostante la pandemia, abbiamo cercato di riunirci periodicamente con tutti gli altri preparatori, se non direttamente su campo, con l’utilizzo della tecnologia. Il Direttore Massimo Margiotta ha gettato una precisa linea guida da seguire.
Siamo convinti che pianificando il lavoro in maniera così certosina, un portiere possa passare da una categoria all’altra cambiando anche allenatore dei portieri  senza trovare nessuna difficoltà. Troverà sempre richieste uniche e solito metodo di allenamento. Altro scopo fondamentale è il rispetto delle esigenze del preparatore dei portieri della prima squadra Massimo Cataldi e di quello della Primavera Matthias Castiglioni; l’obbiettivo rimane portare più portieri possibili in prima squadra. In merito allo scout, non nego che sono e siamo comunque sempre attenti nel visualizzare direttamente partite e portieri. Riteniamo importante trovare i giusti profili nel ruolo, per una Società così importante e gloriosa come la nostra.

In merito al campionato Primavera 2, dopo 17 giornate la classifica vi vede al comando, che ambizione avete in merito? Pensavate di poter recitare un ruolo così da protagonista in questo difficile girone?
Come detto in precedenza, collaborando direttamente settimana dopo settimana anche con la Primavera, sono al corrente di tutto quello che di così grande stanno “combinando” i ragazzi di mister Nicola Corrent. Non voglio sembrare di parte nel dire che stanno esprimendo un gran bel calcio, i risultati sono lo specchio delle prestazioni dei ragazzi. Normale che arrivati a questo punto della stagione, si possa pensare in grande. Sono certo che nessuno mollerà prima dell’ultimo minuto dell’ultima partita, andando a rovinare quello che fin da quest’estate poteva essere un obbiettivo, ma con la massima sincerità non così concreto come poi è diventato.

 


Hai avuto il merito di allenare grandi portieri: Buffon, Toldo, Ferron, Pegolo, Curci, Zancopè e tanti altri. Che sensazioni hai tutt'ora quando ci pensi e come pensi di aver contribuito alle loro grandi carriere?
Una gioia immensa, soprattutto nel vedere che tanti di loro giocano ancora. Non ho la presunzione di dire che hanno fatto così bene grazie agli insegnamenti di mister Paese, ma qualcosa di buono avranno preso anche da me, no (chiede sorridendo)? Tutte le volte che ho occasione di rivederli, è un piacere ricordare le nostre esperienze. Quando trovi portieri come Gigi (riferito a Buffon) che ti rinnovano puntualmente la stima per avere insegnato loro così tanto, non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista dell’etica sportiva, è una grande soddisfazione per me. A dimostrazione del fatto che do importanza fondamentale ai rapporti umani e al filo conduttore preparatore-portiere. Poi non dimenticherò mai la serie di rigori parati da Francesco Toldo con la maglia azzurra contro l’Olanda. Quell’anno alla Fiorentina, lavorammo tantissimo su questo fondamentale e Francesco mi ringraziò pubblicamente per averlo fatto migliorare da questo punto di vista. Nel nostro lavoro, come voi ben sapete, è un piacere ricevere certi attestati di stima dai propri portieri.


Nel nostro cammino da preparatore dei portieri, sono diverse le soddisfazioni e i momenti di gioia; si nascondono però anche periodi dove diventa ancor più fondamentale il nostro ruolo. Pegolo esordisce in serie A con la maglia del Verona il 25 novembre del 2001, contro il Torino, subentra al posto di Fabrizio Ferron e subisce cinque reti. Raccontaci come hai affrontato quel post gara e le settimane a seguire dell’ancor ottimo portiere ora al Sassuolo:
Mi ricordo come ora che tutti i giornali sportivi del lunedì, portarono in evidenza il fatto che alla fine della partita mi avvicinai a Gianluca per consolarlo. Invece tutto il contrario, non lo stavo consolando ma “sgridando”; aveva avuto un gesto di stizza su uno dei cinque goal presi, reagire in quella maniera era stata per me una resa e un segno di poca lucidità. La settimana a seguire, sì allenò con la giusta determinazione e nonostante il recupero di Ferron, con mister Alberto Malesani decidemmo di riproporlo tra i pali. Fu proprio Pegolo l’artefice di una grande vittoria contro il Brescia di Toni e Tare.


Prendendo spunto dalla domanda precedente e dall’alto della tua esperienza, quali sono le caratteristiche che deve avere un buon preparatore dei portieri?
Essere innanzitutto se stessi. Non è giusto snaturarsi per seguire la “moda" dell’allenamento del periodo o addirittura arrivare a snaturare il proprio portiere forzandolo in un credo che non gli appartiene. Tutti conosciamo il ruolo, motivo per cui non è giusto a mio giudizio insegnare ed allenare un’unica metodologia. Ti faccio un esempio, personalmente non mi entusiasma la parata a croce, sono più per allenare l’attacco palla; con questo però non escludo la croce a priori ai miei ragazzi, cerco di spiegare loro i pro e i contro del gesto tecnico senza escludere niente. Vorrei dare un consiglio a tutti preparatori che vi seguono formandosi: “non tralasciate mai le due componenti fondamentali del lavoro di un portiere, SPAZIO E TEMPO”.


Se ti chiedessimo di portare in dote ai tuoi portieri, un qualcosa del “calcio di una volta”, cosa ruberesti dal passato? Contrariamente, quali possono essere invece gli strumenti che hanno permesso al ruolo di evolversi e completarsi?
Porterei la passione per il ruolo del portiere. Non che tutti i giovani portieri di oggi non la abbiano, ma è completamente diversa da quella dei nostri tempi. Mi ricordo che quando si andava a fare i raccattapalle allo stadio, per me era un sogno, avevo la concreta possibilità di vedere e capire come si buttava un vero portiere. Ai tempi non c’erano i preparatori dei portieri, avevo imparato il “mestiere” anche così e cercavo di riproporre le gesta dei miei eroi, nel cortile o nel campetto con gli amici. QUELLE ERANO LE VERE PARATE, QUELLA ERA LA PASSIONE PER QUESTO SPLENDIDO RUOLO. In merito alla tua seconda domanda, sicuramente la tecnologia ha portato tantissimo, sia dal punto di vista dell’allenamento del portiere, sia per l’analisi prestativa di esso. Basti pensare che ai tempi, un portiere, lavorava esclusivamente con la squadra; era da ritenersi fortunato se alla fine dell’allenamento, doveva “subire” un bombardamento di tiri, a volte addirittura per un’ora. Mi ricordo come ora che si tendeva a rinforzare tantissimo la forza nelle mani. Quando si poteva, si camminava con una molla in mano, facendo pressione sulla molla, la mano lavorava continuamente e sembrava diventare sempre più forte. Era un trucco che avevo imparato dal grande Lido Vieri.


Tu mister eri un portiere alto 179 cm, hai allenato Ferron 182 cm, Pegolo 183 cm e incontrato portieri come Bucci 180 cm, Peruzzi 181 cm.  Facendo un paragone con le strutture dei portieri della serie A attuale, l’unico sotto i 185 cm è Alessio Cragno del Cagliari e nel giro della Nazionale. Per emergere e fare bene nel calcio moderno da portiere, pensi che sia diventata caratteristica così importante l’avere un’altezza così marcata?
Vado contro corrente e la mia risposta è NO! Sono conscio caro Matteo che talvolta bisognerà lottare con qualche direttore o membro societario che affermerà che quel giovane portiere (guardando una scheda da noi compilata con le altezze dei propri famigliari) non potrà più crescere o farsi valere.  Ci tengo però a dare un consiglio, soprattutto a tutti quelli che fanno scout: “osservate attentamente quante altre doti ci possono essere dietro ad un portiere con un’altezza nella norma e non soffermatevi esclusivamente su quello”. Sono convinto che i vari Peruzzi, Bucci, etc avrebbero fatto fortune anche nel calcio attuale.

 

 

Intervista realizzata da MATTEO DELLA BARTOLOMEA